giovedì 5 aprile 2007

Ritrovata la tomba dell'ultimo imperatore degli Incas

Un paio di settimane fa, nella piccola e modesta chiesa di San Cristóbal, ai piedi delle rovine della fortezza di Sacsayhuamán, nei pressi di Cuzco, nel Perù, è stata individuata dalla storica spagnola Mari Carmen Martín Rubio, la tomba dell'ultimo imperatore degli Incas, Paullu Topa Yupanqui Inca. La notizia ha ovviamente avuto una larga eco nel Perù, dove la figura dell'ultimo imperatore è decisamente controversa e si attende con impazienza l'apertura della tomba.
Paullu Topa Yupanqui Inca era figlio di Huayna Cápac, e fratello di Atahualpa, Huáscar e Manco Inca; è passato alla storia peruviana come un traditore, succube dello straniero che, secondo la leggenda nera, avrebbe aiutato a conquistare l'Impero avita, ricevendo in cambio rendite, ricche tenute agricole e il palazzo Colcampata, nel centro di Cuzco. Morto nel 1548, parlava spagnolo, di tanto in tanto indossava gli abiti dell'invasore europeo e si fece battezzare con il nome di Cristóbal pochi anni prima della sua morte, nel 1543; pare praticasse entrambe le religioni, quella degli antichi dei della tradizione incaica, che vedeva in lui il figlio del Sole, e quella dei conquistadores spagnoli, che imposero il loro Dio con la violenza. Martín Rubio smentisce la leggenda nera dell'ultimo degli Incas e ricorda che "i documenti storici ci lasciano intuire che ha aiutato il fratello Manco Inca, che fu leader della rivolta contro gli spagnoli, e suo nipote Sayri Túpac, che lottò contro gli spagnoli dall'esilio. Quello che più mi interessa rivendicare è il suo ruolo di nesso tra le due culture".
Nei blogs peruviani che riprendono la notizia, non c'è molto entusiasmo per l'ultimo sovrano: più che l'ultimo degli Incas lo considerano il primo mestizo del Paese e lo rimproverano per non aver difeso il suo popolo dall'invasione spagnola. E il mestizaje, la mescolanza tra gli antichi abitanti e gli invasori europei sembra essere uno dei nodi irrisolti del Perù. Qualche tempo fa ho visto un bellissimo film peruviano, ovviamente non uscito in Italia, che parlava della nascita del Paese e la individuava non negli Incas, non nell'invasione spagnola, ma nei figli dell'incontro-scontro delle due culture, che non potevano più dirsi incas, avendo sangue europeo nelle vene, ma che non venivano riconosciuti dagli spagnoli, proprio per avere sangue inca. Da lì, dai mestizos, il Perù, che non sa ancora fare i conti con questo suo passato e che lo riscatta solo attraverso l'orgoglio con cui i suoi figli più noti, attori e intellettuali, siano di origine esclusivamente europea o mista, rivendicano il mestizaje, la mescolanza, come una ricchezza e un patrimonio di cui essere fieri. Il film che mi ha fatto scoprire questo aspetto del Perù si intitola El bien esquivo (Il bene nascosto, più o meno), è di Augusto Tamayo ed è interpretato da Diego Bertie, uno degli attori peruviani più amati, e Jimena Lindo (in Italia si è visto al Festival del Cinema Latinoamericano di Trieste, io l'ho visto al Cinema Massimo di Torino, grazie a una selezione dei film del Festival; nel resto del mondo è stato candidato a vari premi, tra cui il Goya ). Sarebbe bello poter vedere in Italia film che raccontano le inquietudini di altri Paesi, lontani ma poi non tanto (anche nel Perù c'è una folta comunità italiana, qualche tempo fa è uscito a Lima un libro sull'apporto italiano alla cultura e alla crescita del Paese; lo stesso Diego Bertie ha una madre che di cognome fa Brignardello... di dove sarà?).
Tornando a Paullu Topa Yupanqui Inca. La sua tomba è stata scoperta grazie a un sofisticato sistema che ha permesso una specie di "ecografia" della chiesa, fino al rilevamento di quattro anomalie sul terreno. Una di esse è la tomba dell'ultimo imperatore, un ritrovamento senza precedenti, dato che non si conservano i resti di nessun imperatore Inca (gli spagnoli spogliavano le mummie dei loro gioielli e poi le bruciavano per "evitare l'idolatria pagana"). Ad ulteriore prova del ritrovamento, Martin Rubio porta la testimonianza del nipote di Paullu, Carlos Melchor Inca, che, dopo una vita passata tra la Spagna e il Nuovo Regno, lasciò scritto il desiderio di essere sepolto, non appena possibile, accanto al nonno, nella piccola chiesa del quartiere di San Cristóbal.